"Non siamo davvero solisti nemmeno nella nostra vita, ma la scena di un dialogo a più voci, tutte, purtroppo, forse, dello stesso valore".
( Göran Tunström )


mercoledì 4 novembre 2009

e(in)voluzione della specie

E' capitato spesso in questi ultimi giorni che incrociassi trasmissioni di approfondimento in cui si discuteva il caso Marrazzo, del quale non entro in merito, perché credo ci siano ancora molti retroscena da svelare. A colpirmi principalmente sono state la maggior parte delle premesse che quasi ogni intrevistato, rappresentanti politici in testa, riteneva di apporrre prima di esplicare il proprio pensiero. A parole, a parole sottolineo, tutti erano concordi nel dire che le scelte sessuali di una persona sono insindacabili, delle quali nessuno dovrebbe approfittare per discriminare gli altri.
Tralasciando il fatto che trovo sempre fastidioso sentire la pseudo-locuzione "scelta-sessuale", ritengo che non sia la sessualità ad essere scelta ma il modo il cui si decide di viverla, mi colpiva il fatto che simili espressioni arrivassero da rappresentanti che fino a qualche anno fa non si sarebbero mai sognati di dire cose simili, giudicando tutto quello che non fosse eterosessuale come sintomo di malattia o perversioni da combattere e ostacolare in tutti i modi.
Sappiamo benissimo tutti comunque che dietro a frasi all'apparenza tolleranti, se non concilianti, si nasconde spesso un'ipocrisia spaventosa, ma al di là di questo, trovo conferma su quello che da molto tempo vado a pensare. La maggior parte delle intolleranze verso chi rappresenta il diverso, trova terreno fertile soprattutto quando c'è una spersonalizzazione, quando cioè gli altri verso cui si discrimina sono un'entità astratta perché priva di volti e di nomi o di qualsiasi appiglio alla piccola realtà quotidiana di tutti noi.
Sarà capitato a tutti di avere a che fare con persone che discriminano violentemente una categoria (gay, immigrati, donne, meridionali ecc.), premettendo, nel caso l'interlocutore facesse parte di una di queste categorie, che solo a lui non farebbe niente perché lo conosce e perciò, in qualche modo, si fida, ma di tutti gli altri farebbe strage. E' per questo che ritengo che la visibilità sia importante, perché quando il diverso diventa quotidianità perde tutta questa valenza negativa di cui lo si vorrebbe caricare. E' più facile insultare e discriminare violentemente e a vanvera delle ipotetiche persone piuttosto che fare la stessa cosa avendo bene in mente chi sono queste persone, come si chiamano, che lavoro fanno, che rapporto hanno con noi e con la società che ci circonda. La visibilità è fatta di molte sfacettature, può essere diretta e indiretta, ma, visto il condizionamento che riesce ad avere nei confronti di molte menti, quando passa attraverso la televisione diviene particolarmente incisiva. Non sempre la condivido, non sempre è visibilità positiva, ma serve per aprire una breccia nel cervello atrofizzato di molte persone.
Ho trovato questo video interessante, è un po' lungo forse, ma bisogna arrivare fino alla fine per capire del tutto quello che ho voluto dire qui sopra.
E' una sorta di evoluzione della specie gaya in televisone.





Il desiderio è quello che un giorno non siano più necessari dei distinguo o delle separazioni di protezione e che tutto rientri in un tale clima di quotidianità da apparire banale. L'assurdo di poter camminare per la strada mano nella mano alla persona che si ama rimanendo trasparenti.