"Non siamo davvero solisti nemmeno nella nostra vita, ma la scena di un dialogo a più voci, tutte, purtroppo, forse, dello stesso valore".
( Göran Tunström )


mercoledì 10 dicembre 2008

legami


Nonno è stato l'ultimo vero mugnaio della famiglia , come suo fratello rimasto al paese natìo ai piedi della montagna a continuare l'attività che era stata del loro padre , e prima di lui del loro nonno e poi indietro nel tempo in un susseguirsi di avi dove i nomi si ripetevano sempre uguali in continuazione anche all'interno dello stesso nucleo famigliare , facendo perdere quasi il senso dell'orientamento a chi volesse approfondirne la genealogia .

Vite spese a cercare di carpire i segreti della pietra migliore da usare nella macina , in bilico tra livellamenti e pressioni dell'acqua che dovevano dare forza e motore alla ruota e a tutti gli ingranaggi interni. Per ottenere farina profumata e preziosa come polvere d'oro, oppure bianchissima impalpabile e sottile e poi , semole da setacciare e turaccioli da scartare .
Vite spese a contrattare sul valore economico della propria mansione avendo sempre davanti agli occhi un pregiudizio duro a morire , ché il mugnaio quando travasa la farina sul sacco si riempie le maniche fino ai gomiti e mangia sulle spalle degli altri . Nonno aveva tanti difetti , ma gli mancava la capacità di volersi approfittare del prossimo e le maniche della sua camicia erano sempre , perennemente , arrotolate fino ai gomiti , fiero della sua onestà professionale .
Lui con quel nome così diverso dalle consuetudini famigliari, dall'animo così bonario che aveva donato la sua vita al lavoro e alla famiglia come fosse tutt'uno , aveva dentro uno spirito avventuriero , un ché di romantico quasi legato alle storie dei grandi viaggi per mare ; lui , sopravvissuto ai fratelli e alle sorelle , fino all'ultimo ha covato un desiderio di bambino : partire e viaggiare per il mondo .

Una sola volta nella sua vita volle decidere di testa sua e andare contro al clan , quando sposò nonna , quella bionda che si tingeva di scuro come la sua migliore amica rossa , ché non capitasse mai che certi colori insoliti potessero dare adito a cattive voci , quella un po' foresta che veniva da una famiglia di "sìngani giramondo" , quella che "no 'a poe exere 'na brava fémena , perchè invexe de star casa 'a lavora in fabrica ".
Si sposarono alle 4.30 del mattino in una fredda giornata di fine gennaio , quasi di nascosto , per portare rispetto al lutto che lui ancora osservava per la sorella morta di tisi un anno e mezzo prima .Arrivarono nella nuova casa , alta e stretta , fatta di sassi e pietre grosse così : c'era il camino , il paiolo , i balconi , un tavolo il letto e poco altro : niente vetri alle finestre, la famiglia non approvava , non poteva più ostacolarlo ma non li avrebbero nemmeno aiutati , perché "quea là de sicuro 'a ghe magna fora tuto ".
Arrivarono con un carrozzino trainato da due cavalli bianchi , lui probabilmente un po' dandy e con quello sguardo lievemente strabico che ne faceva un seduttore nato , nonna col suo vestitino di velluto nero con il colletto lavorato a uncinetto , si sentì per una volta nella sua vita una principessa . Anche senza i tanti gioielli delle matrone della famiglia di lui che poi , in là negli anni , si divisero le altre cognate .
Il mulino necessitava di qualche miglioria , ma la struttura muraria dell'edificio , di metà settecento , era salda , il dislivello del corso dell'acqua sarebbe stato aumentato un po' e in questo modo una ruota più grande , più forte e potente avrebbe preso posto nello scivolo .

Nonno non ha mai parlato molto del suo lavoro , non ha effettivamente fatto nulla per trasmettere ai figli e ai nipoti i segreti di quella macchina complessa , che noi bambini , giocandoci , scoprivamo un po' alla volta .Era un mestiere fatto di gesti : la granaglia da pesare sulla grande bilancia di terra , il rumore come di chiacchierìo dei chicchi che cadevano nel recipiente di legno , il controllo delle ruote dentate , delle cinghie di cuoio largo e lucide che scorrevano tra ingranaggi di legno e ferro , la grande pietra rotonda della macina , ruvida e fredda . Le assi di legno per bloccare il corso dell'acqua e alzare il livello , il bastone pesante di metallo che serviva per regolare le chiuse e aprire al momento opportuno il passaggio dell'acqua dalla cascata allo scivolo della ruota .

E poi improvvisamente quel rumore , sempre uguale, quasi un battito , un suono un po' ovattato con un eco di legno e di acqua .

Lui un po' sentiva che quel lavoro sarebbe stato destinato a morire con lui e a vederci giocare tra i sacchi di farina e i setacci per le semole , un po' gli pareva che forse non tutto era perduto , ma che nulla sarebbe più stato come prima . Come quando , preparata la farina si caricava il carro , e la mula era lì , bella pronta e forte , bastava salire sù e lei partiva , andava all'altro mulino , quello dove tutto era partito .
Lì dove ancora si raccontava che gli avi erano arrivati in quella zona scappando dalla terra di Francia durante l'epoca buia della Rivoluzione , perchè in quel luogo ormai un titolo di Conte e amministratore delle Finanze era troppo pericoloso da esibire .
Non si è mai capito in quale momento si sia persa memoria della Storia e quando il ricordo è diventato prima racconto e poi mito , quando il nome del casato è stato modificato adattandolo alla nuova Patria segnandone , in qualche modo, il declino e un nuovo inizio .

Qualche anno fa , papà e due suoi cugini , si ritrovarono per fare una cosa alla quale tutti e tre avevano assistito nella loro vita di figli di mugnai : la pulitura delle grandi pietre rotonde delle macine . E' stato come lavorare su una sacra reliquia , con pazienza certosina , come portare a nuova vita strumenti rimasti immobili e muti per molti anni , del cui uso si era quasi dimenticato il ricordo : soltanto sommando i vari frammenti di memoria tra loro sono riusciti ad usarli .
Una grande pietra rotonda di quasi due metri di diametro , con un foro al centro per il passaggio dei chicchi di grano o di orzo .

Chissà quante storie nasconde nella sua materia , quanta farina e il sole e la pioggia e la fame , tanta fame durante la guerra , grani dorati e chicchi preziosi , un pezzo di gesso e di carbone per annotare i numeri .

E' come guardare il cerchio del ciclo della Vita .

7 commenti:

  1. è la vita che si fa poesia?
    o il contrario?



    grazie, è un'ottima cosa da leggere di primo mattino.

    RispondiElimina
  2. Incantevole. Aveva ragione quel tale a dire che è la vita che imita l'arte, e non viceversa.

    RispondiElimina
  3. Piacevole è scoprire che c'è ancora chi ,di primo mattino ,ha voglia di distrarsi con un breve racconto che parla di piccole cose .
    Grazie a voi dei commenti .

    RispondiElimina
  4. @LVM
    La ringrazio infinitamente del suo parere positivo sul post , rilasciato nel blog del caro Gan , e mi auguro ti avere ancora la sua presenza su queste pagine .

    P.S. - il problema dell'impossibilità di commentare continua a non essere molto chiaro , ho controllato le impostazioni per capire se ci vossero eventuali restrizioni , ma niente .
    E' mica possibile che ci siano nei terminali che usa lei ?

    RispondiElimina
  5. A volte viene voglia di percorrere una vita come quella di tuo nonno, lasciare tutto e tutti ed abbandonarsi ad un lavoro forse stancante ma sereno e "vero". Poi ci si accorge che la triste realtà ci ha ormai abbracciato e non ci mollerà più.

    RispondiElimina
  6. Che pace nelle tue righe...
    Come il sentore di una lunga e paziente cesellatura :*

    RispondiElimina
  7. Grazie a tutti quelli che in questo periodo sono tornati a leggere o controllare se sono ancora vivo e a lasciare un messaggio .
    Il blog è stato un po' trascurato , un po' perché se sento che non ho nulla da condividere non scrivo , un po' perchè il lavoro mi impegna completamente .
    Spero di riprendere presto a riaggiornarlo .

    RispondiElimina

i commenti a questo blog saranno pubblicati dopo essere passati al vaglio del moderatore.