"Non siamo davvero solisti nemmeno nella nostra vita, ma la scena di un dialogo a più voci, tutte, purtroppo, forse, dello stesso valore".
( Göran Tunström )


lunedì 19 gennaio 2009

Viviana e il bambino


Nessuno mi vuole più, nessuno mi cerca: me ne sto qui da sola a vedere le giornate procedere tutte uguali, qualche volta sento le voci dei ragazzi in casa, urlano forte perché bisticciano in continuazione tra loro. Non è un bel sentire ma almeno spezza la noia di queste giornate infinite, di questa visione davanti a me sempre uguale. Mi piaceva così tanto girare per le stanze di casa, sedermi comoda sui divani morbidi del salotto dove c'era una luce soffusa e ovattata; la bambina inseriva un 33 giri nel giradischi e si metteva a danzare seguendo le melodie surreali delle canzoni di Kate Bush.
Poi prendeva la spazzola con le setole, scioglieva mie chiome e mi pettinava.

Erano belli i miei capelli, castani, lunghi e lucenti, riflettevano di luce in un modo meraviglioso. Ero così bella allora, sempre curata come le ragazze del diario Grazia, i capelli in ordine, lo smalto color corallo sulle unghie, l'ombretto grigio-azzurro che sottolineava i miei grandi occhi cerulei, la bocca come un petalo di rosa: un giorno sono caduta, qualcosa si è rotto e da allora tutto è cambiato Sono sempre sola in questo angolo, nessuno mi fa compagnia, li vedo passare litigano, ridono, qualche volta qualcuno piange. Mi sento sola sporca e abbandonata e ho tanto freddo, viene da dentro e non passa mai.

Da qualche giorno sento una nuova voce qui in casa, la percepisco appena parla poco e piano ma, di tanto in tanto, emette dei bellissimi suoni acuti e cristallini di bambino. E' quasi sempre insieme a lei: li sento ridere, passano ore a giocare con la bigiotteria, i campioni mignon di profumi e i trucchi smessi della sorella grande. Li ho sentiti bisbigliare piano, m'è parso di capire che abbiano provato lo smalto trasparente perlato che non dovevano toccare e non sanno come fare per toglierlo. Lei è la solita piccola peste di casa che combina guai.
Era con me che passava il suo tempo, prima, ora non più.

L'ho visto, è un bambino con gli occhi grandi e scuri, sottile e delicato: sembra che non cammini perchè volteggia come una libellula. Ho sentito dire che è un parente e che si fermerà qui per qualche giorno. Mi ha vista ed è rimasto lì ad osservarmi con occhi curiosi e malinconici. Mi ha toccata, le sue mani erano così fredde,mi ha accarezzato i capelli ed ho sentito quel fruscio, come un rumore di foglie secche. Poi, non so perché, mi ha toccato la fronte e ha detto qualcosa: Non ho sentito, non ho capito, ricordo solo la gioia che provavo per quelle carezze ormai dimenticate. E' diverso dagli altri bambini, quando parla con me racconta delle storie, narra di formule segrete e di riti magici, di principesse infelici dalle lunghe chiome, mi accarezza i capelli con la punta della dita con un desiderio negli occhi che non riesco a comprendere fino in fondo.
Lo sento parlare di me con nonna, le chiede una nuova spazzola e degli unguenti profumati per il mio bagno. L'acqua è dolcemente calda, scivola da me e si porta via le impurità e i pensieri tristi. Lui mi asciuga delicatamente, tampona la mia pelle con la spugna morbida.

"Nonna, cos'è scritto qui sulla fronte ? " chiede il bambino."Viviana", risponde nonna dopo essersi messa gli occhiali per leggere meglio.

Viviana è il mio nome, ho lunghi capelli setosi e occhi grandi color del cielo, una gamba rotta e qualche dito mancante, ma c'è un bambino speciale che mi spazzola i capelli con amore e per questo mi sento la bambola più felice del mondo.

Dedico questo post in modo particolare ad Edgar, un suo racconto è stato alla base dello scatenarsi in me di ricordi assopiti dal tempo.

4 commenti:

  1. E' un racconto bellissimo. Ma il bambino-libellula mi sembra di conoscerlo da tanto tempo.

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  2. Cucù!
    non c'entra niente col post, ma forse adesso riesco a postare anche qui.
    Besos

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  3. ...bellissimo racconto davvero, l'ho letto in un fiato...
    E grazie per la dedica.

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