"Non siamo davvero solisti nemmeno nella nostra vita, ma la scena di un dialogo a più voci, tutte, purtroppo, forse, dello stesso valore".
( Göran Tunström )


lunedì 9 marzo 2009

piccole voci


Ho cinque anni, vado all'asilo, ma io sono grande ormai il prossimo anno andrò alle elementari così anch'io potrò andare a scuola in bicicletta. Non mi piace più andarci con il pulmino, devo sempre badare ai bambini piccoli dei vicini, ai loro stupidi cestini che non sanno portare da soli perché fanno finta di non essere capaci, sempre a frignare, che bugiardi. Però quando arriviamo all'asilo devo sempre essere io a mettere le loro cose nell'armadietto mentre loro se ne corrono spediti ai giochi: non mi lasciano mai giocare sull'altalena, devo sempre aspettare che la suora ci chiami per il sonnellino ma io faccio sempre finta di non sentire e mi nascondo dietro la casetta di legno. Poi, quando tutti sono rientrati salgo sull'altalena e mi spingo in alto, ma devo fare piano perché non mi sentano e non posso spingermi troppo in alto altrimenti Domizia, la cuoca, mi vede dalle cucine e poi lo va a dire alla suora. Non mi piace fare il sonnellino, io non dormo, sono sempre gli stessi che dormono gli altri fanno solo finta: invece di dormire si passano i giochi che hanno preso di nascosto dai cestoni e si divertono tra loro, non mi lasciano mai giocare con loro. La suora mi ha messo vicino a Franco e io lo odio, è un bambino cattivo e mi dà sempre i pizzicotti sulle gambe, fa i dispetti e poi incolpa me. Ieri sono stato messo in castigo in un angolo lontano dagli altri bambini, la suora mi ha preso per un orecchio e mi ha trascinato via: io ho provato a divincolarmi ma lei tirava forte. L'orecchio mi faceva male, era tutto rosso e suggestionato, tutto per colpa di Franco che se ne stava lì a sorridere alle mie spalle e di nascosto mi faceva le boccacce. Io lo guardavo fisso pensando al modo migliore per fargliela pagare, brutto stronzo.
Così preferisco nascondermi in giardino, salgo sull'altalena e vado a volare, con me c'è Stella la papera di plastica gialla, quella grande, non quella piccola con il becco rotto. Vorrei portarmela a casa ma non posso. Quando sarò grande mi comprerò tante papere e le terrò sempre con me.
Quando la suora si accorge che manco manda Domizia a prendermi, tanto lo so, ma faccio finta che non viene. Domizia ha un occhio di vetro ed è la zia di Samuele, un bambino della mia età. Avevo un po' paura di lei perché mi guardava sempre strano, gli altri bambini dicono che se diventa cattiva ti cava un occhio per sfogare la cattiveria. Un giorno l'ho vista piangere perché Samuele si era fatto male in un incidente, aveva tutta la faccia rotta. Quando è tornato a scuola, dopo un po' di tempo, aveva tutta la testa fasciata, anche il naso e le mani, con le bende come le mummie dell'Africa: una sera , mentre stavamo tornando a casa ho visto Domizia che lo stringeva e lo baciava forte forte: allora ho capito che certi bambini non sanno niente e raccontano solo bugie.
Oggi ho fatto un bel disegno, mi piace usare i colori, sentire l'odore delle cere e dei pastelli: c'era una bella barca in mezzo al mare con tante onde celesti e la bandiera che sventolava. Ho messo tante stelle nel cielo e anche la luna: è difficile da disegnare, ma poi penso che assomiglia ad una banana e allora mi viene più facile. Ho voluto mettere anche il sole, nell'angolo in alto, lontano, con un bel sorriso e due occhi grandi. Era così bello, con tutti i raggi giallini chiari e scuri, un po' lunghi e un po' corti.
Alla suora non piaceva, poi mi ha urlato forte perché voleva che lo toglievo, se c'era la luna non poteva esserci anche il sole, diceva, ma a me non importava, li volevo così, insieme. Lei ha preso la penna blu e l'ha sporcato tutto con dei brutti segni sopra: ho preso il mio disegno, l'ho piegato e l'ho messo nella tasca del mio grembiule, al sicuro, e non le ho più parlato, anche quando lei cercava di farmi le moine, anche quando ha detto a tutti che io avevo disegnato il sole con la luna e, come tutti sanno non è così che si deve fare; gridava forte e tutti ridevano, io non l'ascoltavo più. Io un giorno ho visto la luna insieme al sole, era quasi ora di cena, la luna era chiara, si vedeva poco ma c'era. Forse lei quel giorno non l'ha vista, o forse non le bastano più nemmeno gli occhiali per vederci, sono così grossi e brutti: non m'importa, io l'ho vista e c'era anche il sole.
Sono corso nel corridoio degli armadietti e ho cercato il mio, è quello con il disegno della giostra che gira, come quella grande che c'è in giardino, che però non gira, non so perché, forse è rotta. Il mio armadietto profuma di fragole e pesca, c'è il mio asciugamano, un fazzoletto e il cestino: ho nascosto lì dentro il mio sole ma prima l'ho accarezzato, così non piangeva.
Ho mostrato il disegno a nonna e abbiamo provato a cancellare i brutti segni della suora, ma non sono venuti via: nonna dice di non essere triste, perché è come quando d'estate piove, durante una giornata di sole.
Pioggia della strega l'ha chiamata, non so chi è la strega ma mi piace.
Ho recuperato questo racconto da un vecchio blog che ho tenuto in passato ma che avevo reso pubblico solo in parte, è una sorta di dialogo con quello pubblicato da Gan nel suo blog nonsosescendo, dialogo tra voci di bambino.

8 commenti:

  1. Mannaggia a te e a Gan, mi state facendo venire il magone... state facendo riaffiorare un sacco di ricordi che ogni tanto cerco di tener sopiti. Non perchè siano brutti.. solo perchè il ricordo porta seco sempre un pò di nostalgia... è guardare un' immagine cara, cercare di riafferrarla da dietro una lastra di vetro baciandone il vetro freddo e avvertendo sulla lingua il retrogusto di un'autentica amarezza

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  2. Asa e Gan ma state facendo la gara a chi fa più commuovere?!

    Complimenti è davvero stupendo!

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  3. Sono andato a riprendere in mano il mio primo quaderno, quello dell'asilo, con le cornicette, i disegni, le aste e tutti i numeri....
    Però che nervoso, mi ricordo anche di quando le suore mi forzavano a impugnare la matita con la destra (e alla fine ci sono riuscite)

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  4. Grazie a tutti per i commenti: ci penso sempre a queste cose quando ho a che fare con i bambini, quando mi confronto con i miei nipoti.
    Gli adulti troppo spesso tendono a liquidare le peculiarità dei bambini troppo superficialmente, dimenticando a volte cosa pensavano, cosa provavano e soprattutto quanto capivano allora quando ad essere bambini erano loro.
    Perché poi, a guardarci dentro, non ci troviamo così diversi da allora.

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  5. Un ricordo tenerissimo.
    Io da bambina ho avuto una rivelazione simile a proposito della bidella della mia scuola elementare: la sua nipotina aveva un paio d'anni meno di me e quando ha iniziato la scuola l'affettuosità con cui la trattava me l'hanno fatta prendere in simpatia, prima la consideravo brusca e scorbutica.
    Che cattivo quel Franco però!

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  6. Che bel commento hai lasciato Asa al mio post su Berardi e Alexander McQueen... Grazie

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  7. "o forse non le bastano più nemmeno gli occhiali per vederci" affilato e preciso, sei davvero in gamba Asa, non c'è che dire...

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