"Non siamo davvero solisti nemmeno nella nostra vita, ma la scena di un dialogo a più voci, tutte, purtroppo, forse, dello stesso valore".
( Göran Tunström )


sabato 9 gennaio 2010

lettere blu, al vapore, su un letto di carta croccante.




Smetto quasi di mangiare quando sono in attesa, e non importa se il sentore e lo sviluppo sarà negativo o positivo. E' quando il cuore e la mente non aspettano più niente e nessuno, nemmeno un desiderio di novità, che mi lascio un po' andare, come se il cibo fosse una necessità per riempire spazi fisici e mentali.
Non capita spesso, per fortuna, in qualche modo ho sempre la testa piena di pensieri che, a volte, mi distraggono, altre volte mi fanno compagnia. Ogniuno impara a farsi scudo di quello che ha per difendersi.
Camera mia ha la forma di una gabbia
ed il sole infila le sue braccia dalla finestra
cacciatori davanti alla porta
come soldatini
che mi vogliono imprigionare
Leggo queste parole da un post di Gan e le altre che seguono della sua bella e libera traduzione dal francese, ascolto la versione originale della canzone di Edith Piaf, e un po' mi riconosco com'ero tanto tempo fa, una vita fa, quando tutto era ancora poco chiaro e non sapevo distinguere bene i contorni di quello che mi succedeva.
Quant' era snervante quell'attesa, quel sentirmi sospeso in un limbo fatto di supposizioni e poche certezze, di tempi dilatati che, a pensarci oggi dove tutto sembra così veloce e immediato, non so se riuscirei a sopportarlo ancora. Settimane scandite perfettamente da giorni feriali e festivi, da fine settimana dove tutto sembrava rianimarsi e, ogni volta, quel riaccendersi e riempirsi di attese e illusioni, di sperare di incontrarlo ancora, di sapere qualcosa in più di lui, di cercare i suoi occhi e di trovarli in mezzo alla folla di persone che lo circondavano. Il tempo che non sembrava bastare mai, e lui che non arrivava, la musica che mi aiutava a distrami un po', le sigarette lunghe quando avevo voglia di parlare, ma nessuno con cui farlo.
Lui era lì, insieme a quello stoccafisso del suo amico per niente carino: rivedo i suoi bellissimi occhi chiari, quella testa piccola con i lineamenti sottili, quel bellissimo collo che sembra fatto apposta per farsi baciare. Non so ben capire quello che sento dentro, se provo gelosia per chi gli sta vicino o delusione perché non s'avvicina a me o se evito di capire per non soffrire. Vorrei odiarli quelli come lui, entrano nella mia vita e mi raschiano l'anima con uno sguardo, si prendono una parte di me che non riesco a controllare. E poi, come in tutte le infatuazioni idealizzate, mi resta solo un'illusione sfumata, un pugno di polvere che si somma ad altra polvere, in un cumulo ormai troppo grande per essere spazzato via da una folata di vento. Vorrei odiarli quelli come lui, ma non ci riesco.
L'ho aspettato a lungo, lì, sulla pista accalcata e fumosa, incroci di corpi danzanti ed eccitati, poi mi giro e lo vedo, il mio amore bellissimo, con quegli occhi chiari che mi stregano, con quella bocca ben disegnata ma sempre chiusa, il collo bellissimo, i capelli rasati. Vestito di nero aderente, magro e sottile in modo elegante e seducente, i suoi movimenti lenti e mai bruschi. Ci guardiamo, ci affondiamo gli occhi uno sull'altro, poi quel battito di ciglia, quell'aprire gli occhi come se volesse vedere meglio e quel gioco di luci sul suo viso che gli rendono lo sguardo luminoso e trasparente. E tutto sembra sospeso, un attimo dilatato all'infinito poi, un lieve rossore, quasi impercettibile sugli zigomi, e il suo sguardo da timido che si abbassa, un po' si scosta, ma la mente è lì, ancora guarda me.
Era come vivere in una fiaba, passata la notte tutto spariva, lui, i suoi amici, la maggior parte delle persone che era lì con noi, un autentico numero di prestigio. In quel momento arrivava l'ansia, si apriva un varco nella mia mente che non aveva confini e che riuscivo a contenere solo scrivendo, tante lettere, tante parole messe vicine e strette tra loro per non rischiare di perderne nemmeno una, nemmeno un dettaglio di quello che era stato,  dei momenti con lui, perché era tutto quello che di lui avevo e a cui mi afferravo. Fogli bianchi pieni fitti di inchiostro blu su solchi marcati, diluito da parole che sostituivano in parte lacrime che non volevano scendere.
E' stato allora, forse, che la scrittura, per me, è diventata cibo.
Mi preoccupo solo in un caso, quando smetto di mangiare e di scrivere allo stesso tempo, ma non troppo, credo che la mente e il cuore trovino sempre un' ancora di salvezza, un appiglio a cui afferrarsi.
Oggi, per fortuna, ho imparato a sostituire meno la vita con la scrittura e a viverla un po' di più, ma c'è sempre da imparare.

5 commenti:

  1. La scrittura e la musica hanno sempre avuto un effetto terapeutico, specie quand’ero un adolescente e, appena dopo, un giovane uomo. Il trascorrere del tempo, poi, amalgamava il tutto e mi accompagnava verso nuovi lidi, apparentemente più sereni e miti.
    A 35 anni le dinamiche emotive, fattesi più solide e precise ai miei occhi e al mio sentire, nella realtà mantengono il significato di sempre. Siamo noi (o sono io) ad avere un approccio diverso, quello che, probabilmente, tende a non farci (o farmi) disperdere energie o a tutelarci (o tutelarmi) dalle sofferenze. Crescere significa anche introdurre meccanismi di difesa e artificiosità, indossare corazze più o meno pesanti. E a volte è un peccato.

    Bel post, come sempre.

    Mi

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  2. @Mi
    Bellissimo commento, come sempre, che condivido in toto. A volte è un bene riuscire a tenere un atteggiamento più distaccato sugli eventi, ma quanto ci sente più vivi quando si scopre che quei guizzi sentimentali, quelle montagne russe emotive non sono andati persi per sempre.

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  3. La mia vita ora in qualche modo è così, giorni a testa bassa per riempire le attese di non so bene che cosa, spesso del nulla. E, sullo sfondo, un dolore sordo e amaro.
    Carlo

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  4. @Carlo
    Aggrappati anche tu, se ci riesci, alle tue lettere blu, non saranno del tutto consolatorie ma in qualche modo ti terranno compagnia. Oppure afferrati ad altre lettere che girano attorno a te, a volte distrarsi aiuta un po' a stemperare l'amaro.

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