"Non siamo davvero solisti nemmeno nella nostra vita, ma la scena di un dialogo a più voci, tutte, purtroppo, forse, dello stesso valore".
( Göran Tunström )


mercoledì 27 gennaio 2010

The Asa_Ashel's Family

Carissimi lettori, amici, adulatori, calciatori, debitori, insomma, carissimi tutti, visto l'entusiasmo con cui avete partecipato a decinaia di migliaia al concorso lanciato nel precedente post, Cercasi Nome Disperatamente, credo sia giunto il momento di fare il punto della situazione e di tirare le somme.
Non mi sarei mai aspettato che scattasse questa battaglia cruenta tra i partecipanti senza esclusione di colpi a suon di nomi, insulti ed epiteti vari, consultando ogniuno la propria fonte segreta, chi gli ex-fidanzati, chi la prima edizione del calendario di Frate Indovino, chi si è spinto fino all'estremo andando a scavare nelle proprie vite precedenti alla ricerca dei nomi delle suocere tanto detestate.
Così, alla fine, ristretta la rosa dei candidati a mio insindacabile giudizio, è arrivato il momento del debutto ufficiale in società del nuovo arrivato e del di lui nome. Gli esclusi non si devono rattristare però, entreranno ancora peluche nella mia vita quindi prima o poi gli altri nomi torneranno utili.
Per ringraziarvi della vostra partecipazione ho deciso di concedervi il privilegio di conoscere i componenti della mia allegra e variopinta famiglia, molto Queer, peluchosa e coccolosa. Troverete, di seguito, una simpatica scheda corredata di una bella foto e tante piccole informazioni per soddisfare le vostre curiosità.
Ancora grazie a tutti.

Alvaro


AliceJoe


Amelio


Josèfo


Rosetta


Bianchina


Ippolito


Ciuchino


Placido


Amilcare



The Asa_Ashel's Family


sabato 23 gennaio 2010

Cercasi nome disperatamente


Lui è l'ultimo arrivato in casa Bannet e non ha ancora un nome. Si era intrufolato clandestinamente nel mio cestino della spesa poco prima di Natale, mentre ero tutto indaffarato a passare in rassegna le corsie dell' Iper.
Mi ha guardato, quando l'ho scoperto, con quei suoi occhioni coccolosi da orfanello facendo barr barr con la piccola proboscide pelosina, digrignando ogni tanto con quei due dentini da latte un po' sporgenti ed io, che sono così buono, non ho potuto fare a meno di sentirmi sciogliere il cuore, anche se poi ho dovuto far bene attenzione che gli agenti in borghese disseminati ovunque non vedessero, oltre il cuore disciolto, quel pezzo di granito che stava sotto, duro e splendente di soddisfazione per averla fatta in barba a un certo ministro di verde-bile vestito, che invece di dare la caccia ai criminali veri, se la prende con i pesciolini piccoli rei solo di essere clandestini, perché è ovvio che questo essere pelosino sia un extracomunitario, perdipiù privo di documenti identificativi.
Così ho deciso e l'ho portato a casa con me.
Il primo ad entrare a far parte della mia famiglia e ad alleggerire il mio status di single, ormai tanto tempo fa,  fu Alvaro, orsetto biondo e ricciolino con gli occhi dolci e il pancino tenero. Le amike care, ma invidiose, mi prendevano sempre in giro perché lo lasciavo in bella vista sul divano, salvo poi giocarci più di me e accapigliarsi come delle pescivendole perché ogniuna pretendeva più attenzioni. E' entrato nella mia vita quando sono andato a vivere per conto mio e, in certi momenti, mi ha fatto sentire un po' meno solo.
Qualche anno dopo è arrivato AliceJoe, un alce peluchoso color miele con sciarpa a righe rosse e blu e corna di velluto a coste, un grande timidone ma allo stesso tempo delizioso e che si è innamorato subito di Alvaro l'orso: da quando si sono incontrati sono sempre lì stretti stretti a coccolarsi nel loro mondo ovattato anche perché l'alce deve ancora superare il trauma di essere stato scambiato per una femmina da parte della casa costruttrice: in un primo momento è apparso piuttosto confuso, ma poi l'amore di Alvaro gli ha fatto in parte dimenticare l'accaduto. Lui è arrivato quando ho traslocato nella nuova casa.
Nel clima di amore coccoloso sono arrivate in seguito Bianchina e Rosetta, due orsette di razza Vintage della specie Fatta a Mano, dono di una carissima amica ed ex collega di lavoro: graziosissime nei loro vestitini di tela grezza a fiori e a righe, molto delicate tant'è che, per proteggerle nei loro movimenti le gambe sono rinforzate con una protesi al garretto a forma di bottone di legno e si, sono lelle pure loro, che vi credevate, mica si descriminano le coppie di fatto a casa mia!
Loro sono arrivate quando ho finito di arredare la parte essenziale della casa, cucina, camera, cabina armadio e bagni. Sei mesi dopo finalmente è stata montata la libreria che tanto avevo sognato di avere per dare una giusta collocazione ai miei amati libri e l'altro mobile porta tv che fa parte del salotto. Insieme sono arrivati anche Ippolito e Ciuchino, un puledrino baio e un asinello color cenere. Sono due bricconcelli che amano fare i giocherelloni tra gli scaffali dei libri. Non ho mai capito cosa ci sia tra loro, sicuramente una grande amicizia, ma l'importante è che ogni volta che li vedo mi diverto, perchè hanno dei musi simpaticissimi e rotondosi.
Di tutt'altra pasta è invece Placido, un cagnolone color crema, strano ibrido tra un bassotto ed uno sharpei, lui è arrivato assieme al bellissimo divano bianco con dormeuse sul cui bracciolo riposa placidamente come fosse appollaiato, con le sue grandi orecchie distese simil-Dumbo con le quali mi piace spesso giocare: lui si lascia bistrattare bonariamente, anche se ogni tanto alza qualche piega dalla fronte per mostare i suoi occhioni sonnolenti che chiedono clemenza. All'altro capo del divano, perchè ogniuno ha necessità dei propri spazi, c'è Boby, cagnolone giapponese in tela bianca e dai lineamenti minimalisti: è arrivato assieme all'uomo con cui ho condiviso più a lungo la dormeuse nelle belle serate romantiche tête a tête: poi se n'è andato e, per molto tempo, non sono più riuscito a sedermi su quel divano, così ho lasciato i miei due cagnoloni a far la guardia. E cosa dire poi di Joséfo, è il piccolino di famiglia, quello di cui bisogna stare attenti a non schiaccaiarlo per errore perché piccolo com'è si intrufola in tutti gli angoli: è un orsetto dal pelo raso ma soffice color zabaione, una maglietta a righe azzurro polvere che gli lascia scoperto il pancino morbidoso. E' timido e parla poco ma ha un cuore grande e adora le coccole. E' arrivato d'inverno, con il freddo e l'odore di neve nell'aria, assomiglia molto a quel giovane uomo che per un po' mi fece compagnia in quel periodo.
Amelio in qualche modo è stato il peluche della consapevolezza, mi ha fatto capire che nei momenti importanti della mia vita c'era sempre qualcuno di nuovo di loro accanto a me: l'ho scelto come se fosse stato una necessità, perché attraversavo un lungo periodo incerto in cui non sapevo dare il giusto valore ai miei sentimenti. Era grande abbastanza da poterlo abbracciare e stringere sentendone la presenza e morbidissimo al punto da desiderarne il contatto, il pelo color bruno-rossiccio e scapigliato. E' stato per lunghe notti il compagno del mio sonno, schiacciato in una posizione tutta particolare, tra la mia guancia da una parte e una mano che si afferrava all'orecchio dell'altro lato. Lui mi ha fatto capire anche che con i peluches ho un rapporto troppo personale e per questo non amo affatto che mi siano regalati, tant'è che, dei pochi con i quali è successo, non so nemmeno dove li ho messi, Bianchina e Rosetta escluse, eccezione che conferma la regola, un po' perché l'amica che me le ha regalate mi conosce benissimo, un po' perché sono le uniche femmine della variegata e colorata famiglia Bannet.
Diciamo che io e i miei peluches ci riconosciamo e ci scegliamo per affinità.
Insomma, miei carissimi e appassionati lettori, è giunto il momento che anche voi facciate la vostra parte, datemi qualche suggerimento per il nome di questo ultimo elefantoso arrivato.
Siate fantasiosi, e non abbiate paura di essere originali, magari se volete qualche suggerimento pensate ad un nome che inizi per A, come Arpad Miklos... Ehm, no, quello è il sogno erotico di Poto, non è il caso di sconvolgergli così l'esistenza.

P.S. questo è un post semi-serio, giusto perché qualcuno non pensi che il blog, visti gli ultimi argomenti trattati,  stia prendendo una china perso il basso.

mercoledì 20 gennaio 2010

hot_phone


Della serie, "è capitato anche a me".
Leggo distrattamente alcuni articoli di attualità e mi cade l'occhio su questo.
L'avevo quasi cancellato dalla memoria, ma mi sono bastate le prime righe dell'articolo per ricordare bene i fatti. Due ragazzi giovani e molto carini si conoscono in chat, si piacciono e inizia uno scambio di messaggi, dapprima nel sito di incontro e in un secondo tempo tramite sms. La situazione si fa più stuzzicante e intrigante così uno dei due rompe gli indugi e manda un mms con foto nature all'altro, che apprezza e, per amore dei rapporti paritari, decide di ricambiare con altrettanta picture esplicita: è una cosa che non ha mai fatto, non per pudore ma perché preferisce lo scambio di certe confidenze a distanze più ravvicinate senza orpelli elettronici, o presunti tali, di mezzo. Ma in quel momento era tutto così naturale, un gioco sottile partito dai soppisensi che non aveva nulla di volgare.
Arriva un messaggio di risposta:
"Ma tu chi sei, cosa vuoi da me? Ci conosciamo?"
Leggo perplesso la risposta e mi chiedo in una frazione di secondo se per caso ho avuto a che fare con uno di quei tipi strani e un po' schizofrenici di cui tanto si favoleggia in certi ambienti.
Controllo meglio i numeri di invio e ricezione e non trovo nulla di sbagliato, anzi no, ho invertito gli ultimi due numeri della cifra!!!
Oh cazzo, a chi ho mandato la mia foto osè mille veli in qualità HD 1.4 MB?
Nessuna paura, inserisco la personalità in funzione diplomatico&accomodante e invio un altro sms:
"Chiedo scusa, ho digitato erroneamente le ultime cifre del numero, sbagliando quindi l'invio. Spero almeno che chi ha ricevuto la foto sia maggiorenne".
Qualche minuto dopo arriva la risposta
"Nessun problema, sono maggiorenne, anzi, direi pure che sono quasi una tardona. Complimenti comunque, la tua foto è prorpio un belvedere".
...sono un po' confuso, non so se sentirmi imbarazzato per l'avvio di questa  nuova e promettente carriera da pornostar, oppure per il fatto di essere diventato il feticcio sessuale  masturbatorio di una tranquilla tardona.
Poco male, almeno con lei ho fatto una buona azione di volontariato...

sabato 9 gennaio 2010

lettere blu, al vapore, su un letto di carta croccante.




Smetto quasi di mangiare quando sono in attesa, e non importa se il sentore e lo sviluppo sarà negativo o positivo. E' quando il cuore e la mente non aspettano più niente e nessuno, nemmeno un desiderio di novità, che mi lascio un po' andare, come se il cibo fosse una necessità per riempire spazi fisici e mentali.
Non capita spesso, per fortuna, in qualche modo ho sempre la testa piena di pensieri che, a volte, mi distraggono, altre volte mi fanno compagnia. Ogniuno impara a farsi scudo di quello che ha per difendersi.
Camera mia ha la forma di una gabbia
ed il sole infila le sue braccia dalla finestra
cacciatori davanti alla porta
come soldatini
che mi vogliono imprigionare
Leggo queste parole da un post di Gan e le altre che seguono della sua bella e libera traduzione dal francese, ascolto la versione originale della canzone di Edith Piaf, e un po' mi riconosco com'ero tanto tempo fa, una vita fa, quando tutto era ancora poco chiaro e non sapevo distinguere bene i contorni di quello che mi succedeva.
Quant' era snervante quell'attesa, quel sentirmi sospeso in un limbo fatto di supposizioni e poche certezze, di tempi dilatati che, a pensarci oggi dove tutto sembra così veloce e immediato, non so se riuscirei a sopportarlo ancora. Settimane scandite perfettamente da giorni feriali e festivi, da fine settimana dove tutto sembrava rianimarsi e, ogni volta, quel riaccendersi e riempirsi di attese e illusioni, di sperare di incontrarlo ancora, di sapere qualcosa in più di lui, di cercare i suoi occhi e di trovarli in mezzo alla folla di persone che lo circondavano. Il tempo che non sembrava bastare mai, e lui che non arrivava, la musica che mi aiutava a distrami un po', le sigarette lunghe quando avevo voglia di parlare, ma nessuno con cui farlo.
Lui era lì, insieme a quello stoccafisso del suo amico per niente carino: rivedo i suoi bellissimi occhi chiari, quella testa piccola con i lineamenti sottili, quel bellissimo collo che sembra fatto apposta per farsi baciare. Non so ben capire quello che sento dentro, se provo gelosia per chi gli sta vicino o delusione perché non s'avvicina a me o se evito di capire per non soffrire. Vorrei odiarli quelli come lui, entrano nella mia vita e mi raschiano l'anima con uno sguardo, si prendono una parte di me che non riesco a controllare. E poi, come in tutte le infatuazioni idealizzate, mi resta solo un'illusione sfumata, un pugno di polvere che si somma ad altra polvere, in un cumulo ormai troppo grande per essere spazzato via da una folata di vento. Vorrei odiarli quelli come lui, ma non ci riesco.
L'ho aspettato a lungo, lì, sulla pista accalcata e fumosa, incroci di corpi danzanti ed eccitati, poi mi giro e lo vedo, il mio amore bellissimo, con quegli occhi chiari che mi stregano, con quella bocca ben disegnata ma sempre chiusa, il collo bellissimo, i capelli rasati. Vestito di nero aderente, magro e sottile in modo elegante e seducente, i suoi movimenti lenti e mai bruschi. Ci guardiamo, ci affondiamo gli occhi uno sull'altro, poi quel battito di ciglia, quell'aprire gli occhi come se volesse vedere meglio e quel gioco di luci sul suo viso che gli rendono lo sguardo luminoso e trasparente. E tutto sembra sospeso, un attimo dilatato all'infinito poi, un lieve rossore, quasi impercettibile sugli zigomi, e il suo sguardo da timido che si abbassa, un po' si scosta, ma la mente è lì, ancora guarda me.
Era come vivere in una fiaba, passata la notte tutto spariva, lui, i suoi amici, la maggior parte delle persone che era lì con noi, un autentico numero di prestigio. In quel momento arrivava l'ansia, si apriva un varco nella mia mente che non aveva confini e che riuscivo a contenere solo scrivendo, tante lettere, tante parole messe vicine e strette tra loro per non rischiare di perderne nemmeno una, nemmeno un dettaglio di quello che era stato,  dei momenti con lui, perché era tutto quello che di lui avevo e a cui mi afferravo. Fogli bianchi pieni fitti di inchiostro blu su solchi marcati, diluito da parole che sostituivano in parte lacrime che non volevano scendere.
E' stato allora, forse, che la scrittura, per me, è diventata cibo.
Mi preoccupo solo in un caso, quando smetto di mangiare e di scrivere allo stesso tempo, ma non troppo, credo che la mente e il cuore trovino sempre un' ancora di salvezza, un appiglio a cui afferrarsi.
Oggi, per fortuna, ho imparato a sostituire meno la vita con la scrittura e a viverla un po' di più, ma c'è sempre da imparare.

mercoledì 6 gennaio 2010

La fiaba della Cipolla e del Rosmarino



n giorno, non tanto lontano, per casi fortuiti o per strani scherzi del destino, si incontrarono la Cipolla e il Rosmarino.
Si erano guardati a lungo, anche se un po' a distanza, distratti da altre pietanze, da altre erbe aromatiche che in qualche modo cercavano di trovare con loro una mescolanza di profumi e sapori dagli equilibri delicatissimi e, per questo, così difficili da ottenere e mantenere.
Forse era successo che, in un'occasione, entrambi donassero i loro aromi per rendere più saporito e appetitoso il gusto di un semplice pane, fragrante a suo modo, sempre rischiesto e ricercato, ma allo stesso tempo sempre uguale a se stesso e per questo stancante.
E fu in quell'occasione che entrambi notarono quanto le loro spiccate caratteristiche tendevano ad amalgamarsi, smorzando, in qualche modo, le note più alte, i sapori più forti. Si osservarono a lungo perché nessuno dei due mostrava a prima vista il cuore di sé, ma, senza volerlo, i loro aromi, le loro voci, parlavano già per loro.
La Cipolla era così, un microcosmo formato di tanti strati da scostare uno per uno, come veli sottilissimi che nascondono un cuore altero e acido se la si tratta con crudezza, ma così dolce e delicato appena la fai sciogliere al calore di un abbraccio avvolgente. Il Rosmarino la guardava e muoveva appena quelle sue foglioline verdi e appuntite come aghi, quel manto che lo rivestiva quasi fosse una corazza, consapevole che nemmeno il calore avrebbe ammorbidito il suo corpo lungo, magro e legnoso, ma nemmeno quella sua immobilità riusciva a fermare il profumo intenso che emanava il suo cuore e che sembrava urlare forte la sua passione.
Era come un segnale, per lei, quell'odore spiccato che le toccava i sensi più profondi, e non riusciva a resistere avvolta in quegli strati che di solito la proteggevano dai venti freddi dell'anima. Anche lui sembrò ritrovare un modo di essere meno rigido, più flessibile e parve, a qualcuno presente, che anche le sue piccole foglie avessero un moto dinamico, quasi gioioso.
La notte, la notte li avvolgeva e in qualche modo faceva da fondo e da coperta, e la neve, improvvisa, in fiocchi soffici e bianchissimi illuminò il loro mondo come tante piccole luci.
La notte era lunga e magica, il tempo in qualche modo sospeso, i loro occhi vedevano solo quelli dell'altro, le mani che si stringevano delicatamente quasi a voler assorbire il calore di quel contatto. Non smettevano di ballare e di godere di ogni singolo momento e movimento come a voler trascrivere nella memoria ogni dettaglio.
Ed è stato come una danza di veli scostati, di aghi donati come piccole gemme preziose in un amalgama perfetto e non più ripetibile.
E così, dopo quel ballo di mezzanotte, qualcosa scese a sciogliere l'incantesimo, un vento dapprima simile a una brezza leggera, poi via via sempre più freddo.
La Cipolla aveva bisogno di rivestirsi dei suoi veli, delle sue protezioni, il Rosmarino di richiudere i suoi aghi, per preservare il corpo e resistere immobile al vento freddo.
Lo stesso vento che, in certi giorni, porta con sè aromi dolci di cipolla e note spiccate e pungenti di rosmarino, come se si divertisse a continuare il dialogo tra le loro voci.